lunedì 22 agosto 2016

Attività del Centro da settembre a dicembre 2016.

Carissime/i, mentre molti sono ancora in vacanza , noi ci stiamo preparando per riprendere le nostre attività con entusiamo da settembre .
In allegato il volantino con tutti gli eventi da settembre a dicembre 2016, e di seguito l'elenco delle attività di ogni mese.

Settembre:
giovedì 1 riprende il Corso di Taichi, la mattina dalle 9 alle 10 e il pomeriggio dalle 17 alle 18, il lunedì mattina dalle 9 alle 10, condotto da Antonio Peis, operatore di MTC. Per informazioni e iscrizioni 3286410936 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
mercoledì 7 riprendono gli incontri  di Meditazione ( 7, 21, 28), dalle 20.30 alle 21.45 ca, condotti da Roberto Di Ferdinando, counselor olistico. Per info e iscrizioni 3339728888 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
sabato 17  , per il ciclo i Sabati del Centro, la conferenza "Psicochakra. Una mappa di consapevolezza e di pratica su se stessi", a cura di Massimiliana Molinari, psicologa e psicoterapeuta, a seguire aperitivo Orario 16-18. Ingresso libero con prenotazione .
giovedì 22 riprende il Laboratorio di Pratica della Presenza , dalle 20 alle 22.30, condotto da Massimiliana Molinari , psicologa e psicoterapeuta. Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.

Ottobre:
sabato 1 per il ciclo i Sabati del Centro, la conferenza "Discorsi sulla consapevolezza" a cura di Roberto Di Ferdinando, counselor olistico; a seguire aperitivo. Orario 16-18. Ingresso libero con prenotazione.
domenica 2 il "Corso di Massaggio con le Campane Tibetane e Uso della Voce", dalle 10 alle 18, conduce Massimiliana Molinari.Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
lunedì 3 inizia il ciclo di incontri Psicochakra, sette serate di lunedì ( 3,10,17,24 ottobre e 7,14,21 novembre) dalle 20 alle 22, condotte da Massimiliana Molinari,psicologa psicoterapeuta.Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
mercoledì 5, 19,26 incontri  di Meditazione, dalle 20.30 alle 21.45 ca, condotti da Roberto Di Ferdinando, counselor olistico. Per info e iscrizioni 3339728888 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
giovedì 6 e 20 , Laboratorio di Pratica della Presenza, dalle 20 alle 22.30, condotto da Massimiliana Molinari , psicologa e psicoterapeuta. Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
lunedì 17  inizia il "Corso di Avvio alla Meditazione e alla Consapevolezza  di Sè", dalle 16 alle 18, quattro incontri ( 17 ottobre, 7,14,21 novembre) condotti da Roberto Di Ferdinando, counselor olistico.Per info e iscrizioni 3339728888 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
sabato 22 per il ciclo i Sabati del Centro, la conferenza " Una vita per il dialogo: dialogo, identità e narrazione" a cura di Gabriele Nardi, psicologo e psicoterapeuta;a seguire aperitivo. Orario 16-18. Ingresso libero con prenotazione.

NB: a differenza di quanto scritto nel deplian in allegato il Corso di Tecniche di Rilassamento  non inizierà a ottobre , ma a novembre.

Novembre:
giovedì 3 e 7 Laboratorio di Pratica della Presenza, dalle 20 alle 22.30, condotto da Massimiliana Molinari , psicologa e psicoterapeuta. Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
sabato 5 e domenica 6 seminario di Reiki. Primo Livello, dalle 10 alle 18 con Massimiliana Molinari e Roberto Di Ferdinando, reiki master. Per info e iscrizioni 3339728888 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
mercoledì 9,23,30 incontri  di Meditazione, dalle 20.30 alle 21.45 ca, condotti da Roberto Di Ferdinando, counselor olistico. Per info e iscrizioni 3339728888 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
sabato 12 per il ciclo i Sabati del Centro, la conferenza "Stili di comunicazione, conflittualità e percezione di sè nelle relazioni affettive" a cura di Carla Casini, psicologa e psicoterapeuta;a seguire aperitivo. Orario 16-18. Ingresso libero con prenotazione.
martedì 15 inizia il Corso di Tecniche di Rilassamento ciclo di sei incontri, dalle 20 alle 21.30, condotto da Massimiliana Molinari, psicologa e psicoterapeuta. Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
sabato 19 e domenica 20 seminario Decondizionare e Trasformare le Credenze Limitanti, dalle 10 alle 18, condotto da condotto da Massimiliana Molinari , psicologa e psicoterapeuta. Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.

Dicembre:
giovedì 1 e 15 Laboratorio di Pratica della Presenza, dalle 20 alle 22.30, condotto da Massimiliana Molinari , psicologa e psicoterapeuta. Per info e iscrizioni 3396788142 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com.
mercoledì 7, 14, 21 incontri  di Meditazione, dalle 20.30 alle 21.45 ca, condotti da Roberto Di Ferdinando, counselor olistico. Per info e iscrizioni 3339728888 oppure psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com


Per chi fosse interessato , dal 26 ottobre partirà un corso di Psicochakra presso il centro Charme di Pontassieve, davanti alla stazione, dalle 20 alle 22.
Per informazioni e iscrizioni 055/8313647

Serena giornata.

Uno degli ostacoli principali delle felicità.......

“[…] Uno degli ostacoli principali delle felicità è la tenace convinzione che certe cose ci siano dovute. In effetti questa è una grossa componente del ‘problema’ felicità. Ad esempio, spesso prendiamo la salute come dovuta, come se potessimo e dovessimo restare giovani e sani sempre. Quando la vita ci mette di fronte a una malattia o a un infortunio, tendiamo a reagire con uno stupore carico di frustrazione, o persino disperazione. […] . Questo senso di diritto acquisito (cioè l’idea per cui la vita dovrebbe andare come vogliamo e come immaginiamo che vada) arriva a dirci che dovremmo essere esenti dal provare disagio. Per cui, se ci capita di provarlo, pensiamo che c’è qualcosa che non va; ci arrabbiamo perché ci sembra un’ingiustizia, oppure ci compatiamo. […]. Oltre alle idee di diritto acquisito abbiamo anche molte opinioni e aspettative specifiche riguardo cosa dovrebbe renderci felici: “Se solo incontrassi la persona giusta, sarei felice”, si chiama la sindrome del ‘se solo’ […]. Ciò che accomuna tutti inostri ‘se solo’ è l’implicita riluttanza ad accettare le effettive circostanze della nostra vita. […]”
(Ezra Bayda, Le radici della felicità, tratto dalla rivista SATI dell’Associazione A.Me.Co di maggio-agosto 2016)

venerdì 12 agosto 2016

Giovedì 18 agosto - Meditazione del Plenilunio - Ingresso gratuito

Giovedì 18 agosto - Meditazione del Plenilunio - Ingresso gratuito
Orario: dalle 19.30 alle 20.30 circa
Centro Studi di Psicoterapia e di Crescita Umana - Via Marsala 11 - 50135 - Firenze

Meditazione per entrare in contatto con l'energia dei Maestri di Luce


Meditazione introdotta e condotta da Massimiliana Molinari
Si consiglia un abbigliamento comodo e nella sala di meditazione si accede senza scarpe.

Ingresso gratuito - Prenotazione obbligatoria.

Dati i posti limitati, si invita, chi è interessato a partecipare, di dare la propria adesione quanto prima, solo via mail o telefono, e di dare l'eventuale disdetta, possibilmente, non all'ultimo, in modo da permettere ad altri di partecipare. Grazie.
Per informazioni e iscrizioni:
3396788142 | 3339728888 oppure: psicoterapiaecrescitaumana@gmail.com

mercoledì 10 agosto 2016

Le parole che uso (spesso) provengono dai miei condizionamenti

“[…] L’invito è quello di portare attenzione alle parole che uso. Infatti, già nell’utilizzo di determinate parole io posso comprendere quando e quanto sia immerso nella mia storia (il “dover essere”), nel circolo continuo giudice-bambino e nel vedere il mio quotidiano tramite la lente del mio condizionamento (come mi sono condizionato e limitato per essere come pensavo che gli altri mi volessero).
Non a caso, se esprimendomi uso il verbo “devo”, sicuramente non sto manifestando un mio desiderio, non sto agendo  ascoltandomi dal profondo del mio Essere, bensì, mi sto muovendo, spesso inconsciamente, secondo un obbligo, rispondendo in maniera automatica alla situazione che mi si presenta:  “devo fare così”, “devo essere così”. Quindi, se nel mio comune colloquiare uso il “devo” sono nel campo del mio “giudice interiore”, cioè in quel rigido sistema di regole e modelli a cui “devo” (appunto) attenermi per essere accettato dagli altri.
Se sono nello spazio della presenza, della consapevolezza, posso accorgermi che sto usando tale verbo, tale espressione verbale (ma può essere anche semplicemente pensata) e quindi posso scegliere di fermarmi e sentire (ascoltando le sensazioni che si muovono nel mio corpo) se quell’azione (o non azione) che sto agendo (o non agendo) sia qualcosa di mio, che sento mio, oppure è un automatismo ad un condizionamento antico, un qualcosa che riguarda la mia storia. Ecco come una semplice parola può essere un campanello di avvertimento utile a richiamare la mia attenzione al mio momento presente; permettendomi  così di togliermi dall’automatismo della mia risposta, e concedendomi  la possibilità di interrogarmi su cosa effettivamente voglia in quel preciso momento ed aprirmi a ciò che emerga dal mio profondo (la guida). Questa è la libertà.
Vi sono altri segnali verbali (o solo pensati) per smascherare quando cado nel mio antico condizionamento limitante. Basta che pensi a quando utilizzo gli avverbi “sempre” o “mai”: “Sono sempre triste”, “Nessuno mi ha mai amato”. Ricorrendo spesso a tali avverbi, io trasformo uno o più episodi che ho realmente vissuto in determinati momenti della mia esistenza, come qualcosa di assoluto, cioè come se ogni mio istante della mia vita fosse stato “sempre” caratterizzato da quella emozione o  da quella modalità esperienziale. Questo è falso. Niente in natura rimane statico, tanto meno io e in me stesso le emozioni o le esperienze che vivo. Posso aver fatto esperienza di tristezza e di dolore anche per periodi lunghi, ma anche in quei momenti, quella tristezza e quel dolore non mi si sono manifestati per “sempre”, in ogni istante e con la stessa intensità. Invece,  ho sperimentato, forse anche contemporaneamente al dolore, altre emozioni, e forse anche gradevoli, ma in quel momento non le ho riconosciute tali, perché non “potevo farlo”, non “dovevo farlo”, perché ero completamente identificato con quell’immagine di sofferenza che avevo (od ho ancora) di me, e per il mio “giudice interiore” nessun altro comportamento era (è) accettabile. Il mio “giudice interiore” , cioè il filtro di condizionamenti attraverso cui vedo e vivo la (mia?) vita, infatti, tende a generalizzare le mi esperienze, spesso quelle negative, perché così rafforza la mia identificazione con la mia storia condizionata (con l’immagine che mi sono dato per essere accettato), per tenermi legato a quel “porto sicuro” di una vita comunque controllata, evitante, di rinunce e limitata.
Un’altra modalità di impiegare parole che mi portano fuori dalla presenza e quindi limitandomi nel mio modo di vivere, è quella di non appropriarmi delle mie esperienze. Spesso, nel descrivere un mio vissuto o se voglio esternare una mia opinione, esordisco dicendo: ”E’ come se uno sentisse…” “In questa situazione una persona si sente…” . Cioè, nel descrivere qualcosa che posso sentire o vivere solo io, mi distacco da questa mia esperienza, generalizzandola, o perfino attribuendola ad un generico altro. E’ un tipico modo di buttare via la mia esperienza, quasi a dire che sono incapace o non meritevole (quindi sotto sotto c’è un mio giudizio svalutante su me stesso) di poter sentire e pensare ciò. Anche qui, praticando presenza (quindi ascoltando cosa mi sta accadendo dentro me stesso, senza giudicarlo, ma semplicemente accogliendo cosa emerga: la ricchezza di sensazioni e percezioni che mi si muovono) mi accorgo che sto buttando via da me, anche svalutando, la mia esperienza, e, quindi, scelgo di interrompere questa dinamica e di fare un passo verso di me, di andare dentro di me e riportare a me tale esperienza: “In questo momento Io sento…”, “io sento che…”. E mi ricordo che solo io so cosa sento, che non c’è un giusto o uno sbagliato nel sentire o non sentire qualcosa e nessuno può portarmi via tale esperienza.
Tengo presente quindi che le parole che uso, spesso, provengono dai mie condizionamenti. Quindi, il ritornare a me stesso, alla mia Essenza, passa anche attraverso il linguaggio che utilizzo. Porto presenza anche alle parole che uso. Le sento, le uso. […].”
(Laboratorio di Pratica della Presenza)

lunedì 8 agosto 2016

Attaccamento alla storia



 “[…] L’attaccamento alla sofferenza è l’attaccamento alla propria storia, è l’attaccamento alla mia interpretazione della mia storia (l’immagine che mi sono creato di me e che offro a me ed agli altri). Ma la storia non esiste, esisto io, esisto io in questo momento presente. E senza la mia storia io vivo nella mia piena libertà. Invece, la storia è quel simbolico “cadavere” che mi porto sulle spalle quotidianamente (quante volte mi sembra di avere un fardello sulle spalle?) e da cui mi alimento per tener viva la mia identificazione con l’immagine di me che mi sono costruito, per continuare ad agire secondo un modello. Infatti, tale identificazione, sebbene dolorosa, paradossalmente è qualcosa che conosco da molto tempo e quindi mi dà (l’illusione) di sicurezza e di poter controllare la mia vita, di rispettare un mio antico “dover essere”. Eppure, se mi sposto nell’Essere, nella piena consapevolezza di me, mi trovo in uno spazio  in cui personalmente non mi manca niente e in cui non ho bisogno di alcun riconoscimento esterno. Invece, nella storia, nella personalità vivo nella convinzione che io sia mancante di qualcosa e che debba disperatamente trovarlo fuori. Ma non essendoci niente da trovare, ovviamente non trovo niente, e da qui ecco sorgere questo continuo mio disagio, senso di frustrazione. Se prendo consapevolezza che non ho bisogno di niente, che tutto ciò che cerco fuori è già in me, entro in uno spazio di fluidità e di completa espansione dove c’è tutto e niente, pienezza e spazio allo stesso tempo. Eppure questo passaggio nel riconoscere il mio Essere pieno, determinando la rottura con l’identificazione del mancante, può causare inizialmente del dolore generato dalla perdita di identità, dal crollo del mio mondo costruito (la mia storia), ma poi, entrando in contatto con la mia più profonda Essenza (con ciò che realmente Sono) mi accorgo di essere in uno spazio non nuovo, ma in qualcosa di già conosciuto, è ciò che sono stato e che sono stato da sempre (la mia Essenza, il mio vero Essere); semplicemente me ne ero dimenticato e distaccato, per aderire ad un “dover essere”. […].”
 (Laboratorio di Pratica della Presenza)

giovedì 4 agosto 2016

I ciechi e l'elefante

Al di là di Ghor si estendeva una città i cui abitanti erano tutti ciechi. Un giorno, un re arrivò da quelle parti, accompagnato dalla sua corte e da un intero esercito, e si accamparono nel deserto. Ora, questo monarca possedeva un possente elefante, che utilizzava sia in battaglia sia per accrescere la soggezione della gente.
Il popolo era ansioso di sapere come fosse l'elefante, e alcuni dei membri di quella comunità di ciechi si precipitarono all'impazzata alla sua scoperta.
Non conoscendo ne la forma ne i contorni dell'elefante, cominciarono a tastarlo alla cieca e a raccogliere informazioni toccando alcune sue parti.
Ognuno di loro credette di sapere qualcosa dell'elefante per averne toccato una parte.
Quando tornarono dai loro concittadini, furono presto circondati da avidi gruppi, tutti ansiosi, e a torto, di conoscere la verità per bocca di coloro che erano essi stessi in errore.
Posero domande sulla forma e l'apparenza dell'elefante, e ascoltarono tutto ciò che veniva detto loro al riguardo. Alla domanda sulla natura dell'elefante, colui che ne aveva toccato l'orecchio rispose: "Si tratta di una cosa grande, ruvida, larga e lunga, come un tappeto".
Colui che aveva toccato la proboscide disse: "So io di che si tratta: somiglia a un tubo dritto e vuoto, orribile e distruttivo".
Colui che ne aveva toccato una zampa disse: "È possente e stabile come un pilastro".
Ognuno di loro aveva toccato una delle tante parti dell'elefante. La percezione di ognuno era errata. 

Nessuno lo conosceva nella sua totalità: la conoscenza non appartiene ai ciechi. 
Tutti immaginavano qualcosa, e l'immagine che ne avevano era sbagliata.