lunedì 31 agosto 2015

La depressione della madre

“[…] Un’altra ferita che spesso viene alla luce nel corso della psicoterapia è quella che deriva da una convinzione fortemente radicata nel paziente di aver dovuto assumersi, nel corso della sua infanzia, la responsabilità della felicità di uno o di entrambi i genitori.
Ciò si verifica in particolare in presenza di una madre depressa, incapace di manifestare al figlio tutto l’amore di cui avrebbe necessità. In alcuni casi infatti la madre, vivendo in uno stato di profonda prostrazione, che la costringe anche a stare tante ore della giornata a letto, non riesce a rispondere ai bisogni di rassicurazione, calore e protezione, la cui soddisfazione è necessaria al bambino affinché egli possa in seguito cercare di soddisfare il bisogno di autorealizzazione.
[…] Se il bambino non riceve la cura e le attenzioni di cui ha bisogno, può convincersi di non avere l’esigenza di ricevere tali cure dagli altri e che l’unico modo per sopravvivere è sentire di non avere bisogni propri, ponendosi unicamente in un’ottica di “servizio” nei confronti degli altri e soprattutto della madre che soffre ed è infelice.
Rimane però in questi bambini un sottofondo di rabbia inconscia che caratterizza il loro comportamento. Una volta divenuti adulti per queste persone la “coazione al servizio”, più che una qualità genuina, assume tutte le caratteristiche della formazione reattiva. La dedizione agli altri infatti non sarà caratterizzata da gioia, un vissuto che sperimenta chi lo fa in modo maturo, ma da rabbia depressa, anche se inconsapevole
[…]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)

La personalità autentica

“[…] Molti studi sulle dinamiche familiari hanno rilevato come certi comportamenti inadeguati o patologici nell’espressione dei propri ruoli genitoriali da parte di adulti, possano avere origine dai comportamenti acquisiti nella relazione e nel contatto con i loro genitori. Molti atteggiamenti che noi adulti attiviamo nei riguardi dei figli de degli altri in genere, sono, almeno in parte, il prodotto dei complessi processi di identificazione e di introiezione che, nel corso dei primi anni della nostra vita, abbiamo vissuto a contatto con i genitori. Osservando ed imitando il loro comportamento, attraverso l’identificazione, introiettiamo infatti i modelli comportamentali che ci trasmettono. E di frequente i genitori delle persone che non ottengono cure adeguate per il loro sviluppo psicofisico, a loro volta sono stati vittime di trascuratezza e di cure inadeguate o modalità patologiche da parte dei loro caregiver (colui che se ne prende cura). Queste modalità relazionali vengono pertanto riattivate nei rapporti con i loro figli, in una sorta di trasmissione intergenerazionale e inconscia.
Solo la consapevolezza profonda di quanto vissuto nei nostri primi anni di vita e dei nostri modi di essere educatori e di relazionarci con le altre persone, consapevolezza che di solito avviene nel corso di una psicoterapia, può interrompere queste modalità disfunzionali.
E’ dunque il dar luce alle nostre ferite che ci permette di sviluppare quella personalità autentica, lo scopo finale del nostro percorso di psicosintesi.
[…]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)

domenica 30 agosto 2015

"Reincarnazione"

“Un’altra grave ferita che alcuni bambini sono costretti a vivere nel corso della loro vita è quella che viene definita “reincarnazione”. Essi vengono anche detti figli sostitutivi. Sono bambini che vengono concepiti dopo la morte di un fratello che è deceduto subito dopo la nascita, nei primi anni di vita o, evento piuttosto frequente oggi, in seguito ad incidente stradale.
A questi bimbi viene dato il nome del fratello morto ed essi si sentono dei sostituti, nati non perché desiderati, ma perché i loro genitori avevano la necessità di un figlio che sostituisse quello deceduto. Non possono rivaleggiare con i fratelli morti perché, non essendo questi più in vita, tendono ad idealizzarli, come fanno anche i genitori quando li ricordano. Con la loro morte essi sono pertanto divenuti da un punto di vista psicologico degli esseri talmente perfetti da essere irraggiungibili. Il tema della morte dei fratelli si trasforma quindi in un elemento di sofferenza e di confronto per tutta la loro vita, condizionando in tal modo lo sviluppo psichico ed il senso di identità.
Un esempio orami conosciuto anche nella letteratura scientifica è quello del pittore Van Gogh. Egli era nato esattamente un anno dopo la morte del fratello Vincent, proprio nello stesso giorno. Da bambino andava al cimitero tutti i giorni per visitare la tomba del fratello, come se non riuscisse a staccarsi da quell’evento estremamente doloroso
[…]. Recalcati (2009) scrive che l’esistenza del secondo Vincent non fu ritenuta dalla madre un valore in sé, ma fu una sostituzione del figlio perduto. Ella, pur curandolo amorevolmente, aveva negato implicitamente al figlio di vivere un’esistenza sua propria e ciò avrebbe dato vita al profondo stato di sofferenza psichica che ha caratterizzato l’esistenza di questo pittore […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)

Trauma e ferita

“[…] Il termine ‘ferita’ viene oggi preferito da molti psichiatri, psicologi e psicoterapeuti rispetto al termine trauma, che alcuni studiosi usano ancora. […] Il termine trauma, proveniente dal greco trauma che significa ferita, lesione, è utilizzato da lungo tempo in medicina e chirurgia per designare una ferita e lacerazione. Freud nel descrivere un trauma poneva l’attenzione soprattutto sulle emozioni penose e le rappresentazioni conseguenti che l’individuo provava in determinate situazioni avverse. Il trauma era considerato dunque un qualcosa di soggettivo con il rischio, come ha scritto Didier Anzieu “di arrivare ad una definizione tautologica: un trauma sarebbe, per un dato soggetto, uno stato psichico che lui ha esperito come traumatizzante”.
Una ferita può essere definita come una condizione qualsiasi che ci provoca uno sconvolgimento emotivo profondo e duraturo, che può dipendere da fattori esterni o interni, può essere provocata da altri o da alcune circostanze della vita, può costruire una condizione permanente o può essere transitoria, cessando con il tempo di essere un peso per noi. Anche se generalmente noi abbiamo la sensazione che le nostre ferite siano ingiuste ed immotivate, tuttavia nel corso della nostra evoluzione esse possono essere vissute in una maniera completamente diversa.
Il concetto di ferita pone più l’accento sulle relazioni interpersonali, cioè sulla sofferenza che l’individuo vive e che hanno avuto origine in una serie di situazioni che vedono coinvolte altre persone che, per la loro storia o una serie di circostanze o problematiche psicosociali o culturali, sono stare incapaci di offrire alla persona le cure e le attenzioni necessarie per un adeguato e corretto sviluppo della sua personalità.
[…] Ma come fanno rilevare ripetutamente Firman e Gila, il bambino, per il suo sviluppo psicofisico, ha necessità di una connessione empatica con un centro unificatore esterno. E’ proprio la mancanza o l’inadeguatezza di questo centro unificatore estero che è all’origine di molte nostre ferite.
[…] il bambino ha bisogno, non di una madre perfetta, ma di una madre “sufficientemente buona “, cioè capace di vederlo, non con gli occhi rivolti alle proprie attese o paure, ma nella sua individualità ed unicità, permettendogli così di rispecchiarsi in lei. Se questo rispecchiamento non avviene “il bambino non troverà se stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà senza specchio e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo(A. Miller, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé)”
(Virgilio Niccolai, Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)

sabato 29 agosto 2015

I limiti della Psicosintesi

"Sam Keen, redattore di Psychology Today, chiese a Roberto Assagioli quali erano i limiti della Psicosintesi. Assagioli così rispose: <<Risponderò paradossalmente: il limite della psicosintesi è che non ha limiti. E' troppo estesa, troppo inclusiva. La sua debolezza è che accetta troppo, vede troppi aspetti contemporaneamente....>>"
(Alberto Alberti)

venerdì 28 agosto 2015

Mercoledì 2 settembre - Meditazione di Consapevolezza - Ingresso gratuito

Mercoledì 2 settembre - Meditazione di Consapevolezza - Ingresso gratuito
presso il Centro di Psicoterapia e Crescita Umana, via Marsala 11 - Firenze
Ore 20,30

Meditazione introdotta e condotta da Roberto Di Ferdinando

Attraverso una meditazione guidata  prenderemo contatto, e piena consapevolezza, con le singoli parti del nostro corpo e con la sua interezza, per una profonda esperienza unitaria di sé.Un pieno e consapevole ritorno al corpo, al “qui ed ora”.

orario: dalle 20,30 alle 21,30 circa

Si consiglia un abbigliamento comodo e nella sala di meditazione si accede senza scarpe.

Ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria. Posti limitati

Info e prenotazioni: 3339728888 - roberto.diferdinando@tin.it

martedì 25 agosto 2015

Settembre - Dicembre 2015: Le attività Centro Studi di Psicoterapia e Crescita Umana

Ripartono a settembre le attività del Centro Studi di Psicoterapia e Crescita Umana, con gli appuntamenti tradizionali e alcune novità.



Da mercoledì 2 settembre riprende l'appuntamento con la Meditazione dalle 20.30 alle 21.45, condotta dal dott. Roberto Di Ferdinando.

Da giovedì 10 settembre riparte anche il Laboratorio di Pratica della Presenza dalle 20 alle 22.30, con cadenza quindicinale, un appuntamento per tutti coloro che desiderano ritrovarsi, e ritrovare la spontaneità dell'essere chi siamo, condotto dalla dott.ssa Massimiliana Molinari.

Ripartono i corsi di Taijquan il lunedì 9-10 e 17-18 il giovedì dalle 9-10 e 10-11 condotti da Antonio Peis.

Novità: il mercoledì dalle 10,30 alle 11.30 ci sarà un corso di Self-shiatsu&Pilates condotto da Mariantonietta Scerbo.

Novità : I Sabati del Centro-Conferenze Esperienziali e Aperitivo,dalle 16 alle 18 .

Sabato 12 settembre : La Pratica della Presenza. Dott.ssa Massimiliana Molinari

Sabato 26 settembre: La Colonna Vertebrale ci Protegge. Mariantonietta Scerbo

Sabato 10 ottobre: Tempo vissuto, benessere e soffrenze:quali legami? . Dott. Gabriele Nardi

Sabato 7 novembre : Lavorare con il nostro bambino interiore per comprendere meglio i nostri.figli. Dott.ssa Carla Casini

Sabato 12 dicembre: Pratiche di Ben-Essere. Dott.Roberto Di Ferdinando

A ottobre domenica 11 dalle 10 alle 18 ci sarà il Corso di Massaggio con le Campane Tibetane e uso della Voce, sabato24 e domenica25 dalle 10 alle 18 il seminario Decondizionare e Trasformare le Credenze Limitanti , dott.ssa Massimiliana Molinari.

A novembre sabato 7 e domenica 8 dalle 10 alle 18 il seminario di Reiki Secondo Livello, e il 21 novembre dalle 10 alle 18 Laboratorio: Lavorare con il nostro bambino interiore per comprendere meglio i nostri figli, dott.ssa Carla Casini.

A dicembre sabato 5 e domenica 6 dalle 10 alle 18 il seminario di Reiki Primo Livello , domenica 13 dalle 10 alle 18 Costellazioni a tema:Le relazioni affettive, dott.ssa Massimiliana Molinari.

lunedì 24 agosto 2015

Sabato 29 agosto - Meditazione del Plenilunio - Ingresso gratuito

Sabato 29 agosto - Meditazione del Plenilunio - Ingresso gratuito
presso il Centro di Psicoterapia e Crescita Umana, via Marsala 11 - Firenze Ore 19,00


Meditazione per entrare in contatto con l'energia dei Maestri di Luce

Meditazione introdotta e condotta da Massimiliana Molinari


orario: dalle 19,00 alle 20,00 circa

Si consiglia un abbigliamento comodo e nella sala di meditazione si accede senza scarpe. Posti limitati


Info e prenotazione: massimilianamolinari@gmail.com / roberto.diferdinando@tin.it - 3396788142/3339728888

SELF-SHIATSU&PILATES .AUTOMASSAGGIO E POSTURA CORRETTA

Un incontro di un'ora per lavorare sul legame inscindibile fra l'energia ed il corpo attraverso
SELF-SHIATSU: L'auto-trattamento shiatsu si basa sull'ascolto del proprio corpo: unisce l'istinto innato in ognuno all'auto-massaggio con i principi della tecnica shiatsu, in un percorso di consapevolezza corporea, rilassamento psicofisico e riequilibrio energetico. (Lo SHIATSU è una tecnica manuale, basata principalmente sulle pressioni portate con i pollici, il palmo delle mani, il gomito e volta al riequilibrio energetico di mente e corpo. Diffusosi in Giappone sin dal VI secolo, lo Shiatsu affonda le sue radici nella Medicina Tradizionale Cinese, secondo la quale psiche e soma sono complementari ed inscindibili. La digitopressione, dunque, oltre ad aiutare il rilassamento psicofisico, permette di contattare il livello energetico più profondo del ricevente e tutti gli aspetti della sua realtà individuale, risvegliandone la forza di autoguarigione. L'Istituto Superiore di Sanità raccomanda lo Shiatsu in caso di disturbi comuni quali: l'ansia, l'insonnia, il mal di testa, la depressione, problemi digestivi, tensioni muscolari, dolori articolari, stanchezza cronica....)
METODO PILATES: Basato sulla respirazione, sulla consapevolezza e sul controllo del movimento corporeo, consta di un programma di esercizi mirato a migliorare la postura; lavorando soprattutto sul rinforzo degli addominali, dei muscoli a sostegno della colonna vertebrale e dei muscoli del pavimento pelvico. Un metodo efficace per alleviare e prevenire il mal di schiena ed i dolori articolari: il Pilates non ha controindicazioni derivanti da patologie presenti nella colonna ed è, anzi, indicatissimo nella prevenzione dello schiacciamento vertebrale. E', inoltre, consigliato in gravidanza, nel post-parto e nella terza età.


conduce Mariantonietta Scerbo
Corso settimanale di gruppo: tutti i mercoledì dalle 10,30 alle 11,30
Personal training e trattamenti individuali: tutti i venerdì su prenotazione
Info 3407112529 mari.scerbo@gmail.com

mercoledì 19 agosto 2015

All’inizio di tutto è la relazione

“[…] Il filosofo martin Buber, nel libro ‘Io e tu’, ha scritto che all’inizio di tutto è la relazione. Partendo dall’osservazione del linguaggio dei primitivi, ad esempio gli Zulù, che per dire “sono lontano”, usano l’espressione “madre, sono perduto”, egli è giunto alla conclusione che prima dei prodotti dell’analisi e del linguaggio, si coglie in essi “l’autentica originaria unità, la relazione vissuta” (M. Buber, Il principio dialogico, San Paolo, 1993). Partendo proprio dalla relazione con la madre nei primi momenti della vita, relazione che ha sede unicamente nella loro memoria implicita, essi hanno coniato un’espressione linguistica che nasce dalle loro esperienze precoci con la figura materna. Buber ha aggiunto degli interessanti elementi di riflessione sullo sviluppo della personalità del bambino e chi si prende cura di lui, in una stretta relazione dialogica caratterizzata da un continuo interscambio verbale e non verbale fra le due individualità, nel rispetto totale delle caratteristiche del minore. […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – marzo-settembre 2010)

domenica 16 agosto 2015

Identificarsi....

"[...] Quando ci identifichiamo con le nostre idee e credenze, co  la nostra storia di strutture acquisite, i nostri ricordi e condizionamenti, con l'autoimmagine che abbiamo costruito, l'innato spazio naturale si fa limitato e costretto. Il modo di entrare in relazione diventa schematico. Gradualmente assumiamo le nostre azioni passate come unica guida nel far fronte alle sfide del momento presente. Ed e' facile  constatare che questo ci condanna alla ripetitivita'. Spesso e' una ripetitivita' dolorosa.
La nostra autoimmagine puo' essere positiva. Pensiamo: "Sono una persona buona, una persona compassionevole, una persona saggia, una persona divertente, una persona generosa e amorevole."
Oppure possiamo avere un'autoimmagine chiaramente negativa. Alcuni di noi sentono di essere persone cattive o di non essere abbastanza forti, non abbastanza intelligenti, non abbastanza giovani, non abbastanza spirituali.
Che sia buona o cattiva, l'autoimmagine e' solo questo....un'immagine. E' una rappresentazione, una costruzione. E' intrinsicamente fragile e priva di sostanza. Siamo continuamente costretti a difenderla, puntellarla e fabbricarla. [...]"
(Frank Ostaseski, in SATI di maggio-agosto 2015)

sabato 15 agosto 2015

Investigando la nostra mente

"[...] Se investighiamo la nostra mente anche solo in superficie, scopriremo prima o poi una fondamentale consapevolezza aperta che è sempre presente. Di solito non ci accorgiamo di questa fondamentale consapevolezza perché siamo abituati a rivolgere l'attenzione agli oggetti della consapevolezza, gli oggetti esterni delle percezioni sensoriali o gli oggetti della nostra esperienza soggettiva. [...]
Ma una limitata introspezione basta a rivelarci che tutti questi oggetti ed esperienze si situano in un più vasto spazio di consapevolezza...altrimenti non ne verremmo a conoscenza. Ciò indica la qualità vuota della mente.
[...] Pur avendo una consapevolezza vuota, aperta, la nostra mente genera continuamente forme; sorgono continuamente pensieri, emozioni, immagini, percezioni, sensazioni. Tuttavia, quando osserviamo a fondo queste forme, scopriamo che sono vuote, non esistono in modo permanente, continuo.
[...] Appaiono a un certo punto, permangono per qualche tempo, fluttuano nel loro permanere e scompaiono in qualche punto successivo. Hanno una qualche forma di esistenza nel momento ma sono prive di esistenza intrinseca. A un certo punto smettono di esistere. Le forme particolari non sono eterne, ma la potenzialità del vuoto di esprimersi dinamicamente come forma è eterna ed è inseparabile da vuoto. [...]"
(jennifer Welwood - citazione tratta da "SATI" di maggio-agosto 2015)

venerdì 14 agosto 2015

Autoimmagine

"[...] Uno dei nostri attaccamenti più profondi è l'attaccamento a essere qualcuno. Abbiamo tutti un'autoimmagine: la nostra autoimmagine è la persona che pensiamo di essere....come vogliamo essere....il modo in cui vogliamo che gli altri ci vedano. E' cosi che di solito definiamo il nostro sé. L'identificazione con colui, o colei,  che pensiamo di essere è la base dell'attaccamento. E' il nostro senso di 'me' e di 'mio'.
Noi vogliamo rendere permanente questa immagine: lottiamo per essa, la difendiamo, la puntelliamo con una miriade di altri attaccamenti, quali il lavoro o gli amici, la casa, i punti di vista e le credenze, le preferenze e le antipatie. Ci rendiamo conto ben presto che molta della nostra attività cosciente mira a sostenere questo senso del sé.
Siamo convinti di non poter esistere senza questi attaccamenti.
Chi sarei io? Come potrebbero i miei amici riconoscermi?
Attraverso la nostra pratica di insight possiamo esaminare questi attaccamenti. Possiamo riconoscere la nostra identità costruita, la nostra autoimmagine. Possiamo diventare consapevoli del modo in cui operano questi schemi. Possiamo vedere con chiarezza senza ostacoli, e alla luce della consapevolezza possiamo assistere al dissolversi dello schema.
[...] Spesso, quando l'autoimmagine si dissolve, si apre uno spazio. Lo spazio può emergere improvvisamente dopo che si è allentata una tensione fisica o emotiva. Altre volte emerge come risveglio graduale, nel quale sentiamo che la nostra consapevolezza si espande al di là del nostro normale perimetro.
In entrambi i casi, è un liberarsi da vincoli che prima ci limitavano.
Possiamo provare un senso di leggerezza, l'acquietarsi di una certa angoscia o un senso di potenzialità e possibilità. [...]"
(Frank Ostaseski - in "SATI" di maggio-agosto 2015)

giovedì 13 agosto 2015

Creatori della nostra realtà

Da giorni rifletto su questo pensiero ed esperienza: siamo noi gli artefici della nostra realtà. E osservo come poi affiorino le giustificazioni e le deresponsabilizzazioni quando qualcosa è scomodo. È così facile e a volte sottile questo pensiero "ma questo non dipende da me", e quando non si trova qualcuno a cui attribuire la responsabilità allora interviene il "destino" ,"era scritto che fosse così"....ma se mi assumo la responsabilità di essere l'artefice della mia esistenza , è un'assunzione totale, e una disponibilità totale ad indagare quali sono gli schemi inconsci con cui mi identifico che mi portano ai risultati che vivo. Siamo noi gli artefici della nostra realtà. Grazie Tao.

Lo scarica barile

"Nelle relazioni di coppia ci capita molto spesso di trovare una strategia di evitamento che noi definiamo: giocare a scarica barile. Accade quando ce la prendiamo con l'altro per una sua caratteristica, o per un comportamento abituale. La mente è talmente abile e attenta a proteggerci dall'incontro con i nostri complessi negativi, che sul piano razionale e cosciente siamo assolutamente convinti che il problema sia dell'altro. Al punto che anche disposti ad affrontare interminabili discussioni per dimostrarlo. [...] Questo 'gioco' molto spesso è reciproco: infatti, può accadere che il partner faccia la stessa cosa nei nostri confronti. Sappiamo bene, per esperienza personale, come, agendo secondo queste modalità, si alimenti una lunga spirale di sofferenza, fatta di delusione, tristezza, rassegnazione, paura e rabbia. Le conseguenze nel corso del tempo possono essere molto gravi per le persone coinvolte: frustazione del bisogno fondamentale di intimità legato alla relazione sentimentale, senso di fallimento, depressione, conflitti e violenze. [...]"
(Beatrice Loreti e Roberto Masiani in "SATI" - maggio-agosto 2015)

mercoledì 12 agosto 2015

Durante la crisi

"Durante la crisi mi sento vile per l'angoscia e la sofferenza, più vile di quanto sarebbe sensato sentirsi, ed è forse questa viltà morale che, mentre prima non mi faceva provare nessun desiderio di guarire, ora mi fa mangiare per due, lavorare molto, e risparmiarmi nei miei contatti con gli altri malati per timore di ricadere. Insomma in questo momento io cerco di guarire come uno che, avendo voluto suicidarsi, avendo trovato l'acqua troppo fredda, cerca di riguadagnare la riva e io so che la guarigione viene, se si è coraggiosi, dal di dentro, con la rassegnazione alla sofferenza e alla morte, con l'abbandoni della propria volontà e dell'amor proprio. Ma ciò non ha importanza per me, mi piace dipingere, mi piace vedere gente e cose, e mi piace tutto ciò che costituisce la nostra vita"
(Vincent Van Gogh)

martedì 11 agosto 2015

La prospettiva della consapevolezza

"[...] Nella mia mente ho osservato le scene piu' spaventose. D'accordo ci sono, sorgono e svaniscono. Ma se entriamo in rapporto con esse in modo non reattivo, senza identificarci, il loro contenuto non ha importanza.Quando comprendiamo che dalla prospettiva della consapevolezza il contenuto e' irrilevante c'e' una straordinaria liberta' [...]"
(Joseph Goldstein)

Il segreto della salute fisica e mentale

"Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L’amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo."
(Buddha)

lunedì 10 agosto 2015

La consapevolezza

"[...] La consapevolezza è uno specchio mentale. Riflette solo ciò che sta avvenendo nel momento presente, nella maniera esatta in cui sta avvenendo  senza preconcetti.
[...] La consapevolezza è un'osservazione non giudicante, è la capacità della mente di osservare senza criticare. Con tale abilità vediamo le cose senza condanna o giudizio, e senza meravigliarci di nulla [...] .
E' psicologicamente impossibile osservare oggettivamente ciò che sta accadendo dentro di noi se, allo stesso tempo, non accettiamo il sorgere dei nostri vari stati mentali; il che, è particolarmente vero per gli stati mentali spiacevoli. [...]. Non possiamo esaminare la nostra depressione se non la accettiamo pienamente. Lo stesso vale per l'irritazione, l'agitazione, la frustrazione e per tutti gli stati mentali sgradevoli [...] . Nessun orgoglio, nessuna vergogna, non è in gioco niente di personale, ciò che è presente è presente. [...]."
(Henepola Gunaratana)

venerdì 7 agosto 2015

La ferita primaria

[…] Due esponenti della psicosintesi statunitense, Firman J. E Gila A. (Firman J. E Gila A., La ferita primaria, Pagnini e Martinelli , Firenze, 2004), ritengono che ogni essere umano sia portatore di una ferita originaria, che definiscono “ferita primaria”, causata da una frattura nella connessione Io-Sé transpersonale e provocata dai centri unificatori non empatici, cioè da figure genitoriali che non sono state in grado di instaurare una sufficiente relazione empatica con i figli.
In precedenza anche Winnicott (1970) aveva evidenziato la necessità per il bambino, per una sua evoluzione armonica, di fare esperienza di una relazione positiva con il proprio caregiver
(colui che se ne prende cura). Infatti per essere riconosciuto nella sua unicità ed individualità, elemento indispensabile per una sana crescita, egli deve poter sperimentare un autentico atteggiamento di rispecchiamento con la figura che più gli sta vicino nei primi momenti della sua vita. […] .
(V. Niccolai, Rivista di Psicosintesi Terapeutica – marzo-settembre 2010)

giovedì 6 agosto 2015

Interazione madre-neonato

“[…] H.S. Sullivan psicoterapeuta (Teoria interpersonale della psichiatria, Feltrinelli, 1962)  interessato allo studio delle relazioni interpersonali sin dagli anni Cinquanta, coniò un’espressione molto significativa per descrivere la complessa interazione madre-neonato a partire dai primi momenti della vita extrauterina: il teorema della tenerezza. Il neonato, con le sue attività finalizzate alla soddisfazione dei suoi bisogni, induce nella madre uno stato di tensione che lei vive “come tenerezza e come impulso ad attività che portino sollievo ai bisogni del bambino”.
Bowlby ed esponenti della teoria dell’attaccamento, fra cui la Ainsworth, con le loro ricerche hanno potuto dimostrare quanto sia importante per lo sviluppo di una personalità armonica del bambino, la sua interazione con la madre sin dai primi momenti della vita, con conseguenze che potranno condizionarne in positivo o in negativo per lo sviluppo psicosociale. Bowlby è stato fra i primi ad osservare che il neonato, dal momento in cui viene al mondo, è già predisposto a partecipare all’interazione sociale. Interazioni inadeguate o patologiche tuttavia possono essere all’origine di ferite profonde che possono provocare seri disturbi di personalità
[…]”
(V. Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – marzo-settembre 2010)

martedì 4 agosto 2015

Un Sangha

"[..] Un Sangha è una comunità di amici che praticano la Via insieme per generare e mantenere consapevolezza. L’essenza di un Sangha è la consapevolezza, la comprensione, l’accettazione, l’armonia, l’amore. Quando non vedete queste qualità in una comunità dovete avere il coraggio di dirlo. Ma quando sono presenti in una comunità allora sapete che avete la fortuna e la gioia di essere in un vero Sangha. [...]"
(Fonte: http://www.cmif.altervista.org/public/group/default/page/view/natan.html)

lunedì 3 agosto 2015

Paura

"Una volta, quando alcune persone raccontarono al Dalai Lama quanta paura avessero provato durante la meditazione, egli rispose: “Quando siete impauriti ponete semplicemente la testa nel grembo del Buddha” Il grembo del Buddha rappresenta la sicurezza di una vera amicizia. Il culmine della metta è divenire veri amici di noi stessi e di tutte le forme di vita.La pratica di metta rivelando la forza dell’amore che può sradicare la paura, la rabbia e la colpa, comincia con l’amicizia verso se stessi. Il suo fondamento consiste nell’imparare come essere amici di se stessi. Secondo il Buddha: “Puoi cercare ovunque nell’universo qualcuno che sia più meritevole di te di ricevere il tuo amore e il tuo affetto, ma non troverai quella persona in nessun luogo. Tu stesso, come chiunque nell’universo, meriti il tuo amore e il tuo affetto”. La visione diretta della naturale luminosità della mente ci mostra di nuovo la nostra capacità di amare. Per alludere a una frase della tradizione questo è il nostro volto originario prima della nascita, prima che ci identificassimo con un sé separato e limitato. Riconoscere il potere di amare conduce direttamente a riconoscere questa luminosità originaria. La capacità di amare è estremamente reale e non può essere distrutta, indipendentemente da ciò che abbiamo vissuto prima: da tutti gli errori commessi, dalle nostre reazioni negative, dalle volte che abbiamo causato dolore o da quelle in cui abbiamo sofferto. La nostra capacità di amare rimane intatta e pura in ogni situazione. Attraverso la pratica della meditazione, nella vita quotidiana, noi coltiviamo quella capacità. L’amore e il nostro proposito si uniscono, come compagni, per guarire noi stessi e il nostro mondo."
(Sharon Salzberg)

domenica 2 agosto 2015

La paura del giudizio

"La paura più profonda che abbiamo, “la paura di tutte le paure” è la paura di misurarsi con la paura del giudizio. E’ questa paura che crea lo stress e la depressione della vita quotidiana."
(Tulliano Tchividjian)